Titolo: Deathdate (Denton Little#1)
Autore: Lance Rubin
Pagine: 331
Editore: De Agostini
Pubblicato: 19 Settembre 2015
Rilegato: 14,90 €
LANCE RUBIN si è laureato alla Brown University e ha lavorato come attore e sceneggiatore di molti spettacoli di successo. Ora si dedica alla scrittura a tempo pieno. Deathdate è il suo romanzo d'esordio, primo titolo di una serie distopica.
TRAMA Denton Little ha diciassette anni e una sola certezza: morirà la notte del ballo di fine anno. Ma - escluso il pessimo tempismo - nulla di strano. Perché il mondo di Denton funziona così: tutti conoscono la data della propria morte, e tutti aspettano il fatidico momento contando i minuti. Per questo, fino a oggi, la vita di Denton è stata piuttosto normale: la scuola, gli amici e Taryn, la fidanzata. Ma ora mancano due giorni al ballo... e Denton sente di non avere più un secondo da sprecare. Non soltanto perché vuole collezionare più esperienze possibili in meno di quarantotto ore - la prima sbronza, la prima volta, e il primo tradimento - ma anche perché le cose sembrano essersi improvvisamente complicate. Chi è l'uomo sbucato fuori dal nulla che dice di avere un messaggio da parte di sua madre, morta ormai da molti anni? E soltanto un pazzo? E allora perché suo padre ha iniziato a comportarsi in modo tanto bizzarro? D'un tratto le ultime ore di Denton Little si trasformano in una corsa contro il tempo, una disperata ricerca della verità. E forse di una via d'uscita.
Deathdate è il primo romanzo di una serie distopica che affronta in modo irriverente e provocatorio il tema della morte.
Iniziamo dal presupposto che la frase qui sopra ha completamente deviato la mia idea su questo romanzo. Questo primo libro della serie non ha nulla di distopico per quasi quattro quinti del libro, è essenzialmente uno young adult - nel senso più generico del termine - dalla trama tendente al thriller, che ha tutta una serie di situazioni grottesche legate alla morte di Denton che si susseguono una dopo l’altra.
Detta così, sembra una forte critica, in realtà, Deathdate mi è piaciuto davvero molto, specie per il carattere ironico che l’autore ha voluto dare a questa storia un po’ particolare.
L’idea di immaginare un mondo in cui ognuno conosce il proprio giorno di morte è qualcosa di geniale in un certo senso perché il tema della morte, per la sua precarietà, è un tasto dolente nella nostra società ed è davvero difficile affrontarlo certe volte. In questo caso, tra ironia e situazioni impossibili, tutto proviamo tranne che tristezza.
Ricordo quando ho letto Colpa delle Stelle e ho letteralmente pianto come davanti a una cipolla al solo leggere il finale, cosa che non è successo con Deathdate che invece, in più di un’occasione mi ha regalato un sorriso, addirittura mi sono ritrovata a rileggere dei pezzi e a ridere quasi fosse un libro di Giobbe Covatta. Una sottile ironia che mi ha portata di volata al finale che più sorprendente non poteva essere!
Non amo i finali aperti, ma questo l’ho apprezzato parecchio perché certo non poteva finire altrimenti e finalmente si è iniziato a vedere l’aspetto “distopico” in un certo senso dell’idea di Rubin. A questo punto, vorrei leggere il secondo volume della serie perché le ultime pagine lasciano mille dubbi e interrogativi che non mi lasceranno dormire tanto facilmente questa notte…! No, ok, probabilmente dormirò come un angioletto, ma…mi avete capita!!
Insomma, un romanzo che non sembra avere nulla di sbagliato, anzi solo aspetti positivi, tuttavia non mi sono piaciute alcune cose.
Primo di tutto, non ho amato il fatto che Denton fosse la persona che ci viene mostrata: bravo, buono, simpatico, dal comportamento impeccabile e mai sopra le righe…fino a che non giunge il giorno del suo funerale e lì ecco che cambia quasi completamente. Tradisce la fidanzata e la tratta come se lei non avesse sentimenti da ferire, diventa egoista e non tiene conto di niente e nessuno, oltre a vivere con sufficienza tutte le situazioni in cui è implicato. Comportamento che mi ha dato ai nervi perché mi fa credere che per tutta la sua vita si è finto qualcun’altro, ha represso la sua natura e alla fine sta tirando fuori il peggio di sé…insomma, chi vorrebbe essere ricordato solo per la parte peggiore del proprio essere? C’è però da dire che la paura e il terrore di morire che capiamo stia provando, in parte giustifichino certe sue azioni, e alla fine lo portano a sfruttare le sue ultime ore per diffondere amore e rimediare ai 17 anni buttati cercando di apparire il più normale possibile.
Forse l’autore ha voluto darci un personaggio più simile al reale, diverso dagli adolescenti che nei romanzi YA terminali parlano, pensano e agiscono come se avessero mille anni, anzi che 16, 17…forse ha più senso proprio un protagonista che ha paura di morire, di aver gettato i suoi unici anni di vita e cerca quindi di rimediare, a volte combinando dei veri e propri disastri, ma pur sempre ragionando come potrebbe realmente fare un diciassettenne!
Proseguendo, credo che il mistero della madre di Denton sarebbe stato meglio metterlo più in risalto, perché mi sembra quasi surreale che un ragazzo, nei suoi ultimi due giorni di vita, abbia l’opportunità di conoscere le risposte alle domande che si è sempre posto sulla madre biologica e sulla sua dipartita, e invece pensi maggiormente all’ex della fidanzata o a dire belle frasi a delle persone che per quasi tutta la sua vita sono state solo delle figure marginali della sua esistenza, tipo una ragazza con cui ha giocato a pallavolo nella stessa squadra una sola volta anni prima…insomma, veramente?! Qualcosa in questa logica non funziona.
D’altronde, lo stile di Rubin mi è piaciuto proprio per la sua ironia, per il suo mettere tutto in discussione, oltre per l’interpretazione grottesca della situazione di Denton e delle varie vicissitudini. Per non parlare del fatto che ha unito almeno tre diversi generi letterari in un unico libro tenendomi incollata alle pagine dalla prima all’ultima parola. L’unico termine che mi viene in mente per descrivere tutto il suo lavoro è innovativo, perché è decisamente una novità quella che Rubin ci propone!
Soppesare i pro e i contro questa volta non credo possa essere utile perché è tutto abbastanza ambivalente, ogni carattere di questo romanzo ha una doppia faccia, mi vien da pensare alla tipica frase “bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?”. Nel complesso l’ho trovato originale e ben pensato, quindi lo valuto con un bel 4/5!
Consiglierei questo libro… a tutti quelli che hanno voglia di sorridere e di dimenticare quei romanzi strappalacrime su ragazzini saggi come anziani centenari. Inoltre, è il romanzo d’introduzione a quella che è definita una serie distopica quindi, amanti del genere, è proprio il caso di farvi due risate con questo grottesco preambolo per poi gettarvi nel pieno dell’azione in quelli che saranno i volumi successivi! :)
- Franci
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